Tutti a scuola
Ci siamo, il conto alla rovescia
è cominciato: mancano solo pochi giorni e si riparte! C’è chi ha già finito
tutti i compiti da tempo, chi è a buon punto e chi trascorrerà l’ultima
settimana di vacanza barricato in casa a rincorrere ciò che, forse, può ancora
essere recuperato.
Un nuovo anno scolastico sta per
iniziare e con esso tornano anche i dubbi e le aspettative di sempre, comuni
alla maggior parte dei genitori: ci saranno gli stessi insegnanti? Daranno
molti compiti? Sarà bravo mio figlio? Si integrerà con la classe? Gli piacerà?
Andrà ancora bene il vecchio astuccio? Meglio lo zaino in spalla o il trolley
alla moda?
Tante domande pervadono chi torna
a scuola, chi la frequenta per la prima volta e anche i tanti genitori che
cercano affannosamente parcheggio per accompagnare i figli alla mattina.
Iniziare un nuovo anno scolastico significa rivedere i compagni, incontrare
nuovamente gli amati-odiati insegnanti, ricominciare a stare seduti per ore ed
ore, rispettare gli orari e alzarsi presto alla mattina.
Come vivono tutto questo i nostri
figli? E noi genitori, siamo pronti?
Ogni bambino/ragazzo ha un
proprio modo di vivere la scuola, un modo che a volte ci rende orgogliosi ma
che può essere anche causa di delusione e frustrazione fra chi, ormai grande,
ha terminato da tempo gli studi e ne rivive ansie, gioie e dolori attraverso
l’esperienza dei propri figli.
In un simile contesto, quanto
conta il ruolo dei genitori nel rapporto dei figli con lo studio? In che modo
può contribuire a facilitarne (o a renderne più difficoltoso) il percorso
scolastico? Come reagiscono solitamente gli adulti di fronte alle situazioni
più comuni?
Proviamo a riflettere: se un
bambino non fa i compiti, è responsabilità dei genitori che non gliel’hanno
ricordato o è colpa sua ed è giusto che prenda una nota? Se fatica in una
materia, gli stiamo vicino e cerchiamo di aiutarlo a capire l’importanza dello
studio, magari tutelando e preservando la sua voglia di imparare, o lo mettiamo
in punizione perché non fa il suo dovere? Se non rispetta le scadenze, lo
aiutiamo a rendere più funzionale il suo metodo di studio o lo scanzoniamo più
o meno bonariamente perché alla sua età non sa ancora organizzarsi in modo
autonomo? Se prende dei brutti voti, lo affianchiamo nel colmare le lacune o
diamo per scontato che in quella materia sarà sempre negato, proprio come la
mamma/papà/nonno/nonna/zii? Se torna a casa con una nota, se l’è sicuramente
meritata o è il Professore che ce l’ha sempre con lui/lei?
Sono tutte cose che probabilmente
abbiamo detto (o almeno pensato), ma quanto pesano realmente nella vita dei
nostri figli? Quanto incidono sul modo in cui vivono la scuola? Quanto
influiscono sul loro approccio allo studio, sull’atteggiamento scolastico e sul
rendimento?
Mettiamoci per un attimo nei
panni dei bambini/ragazzi che frequentano la scuola e fermiamoci un secondo a
riflettere, invece che colpevolizzarli se non ci vanno volentieri e se non sono
performanti come vorremmo: noi alla loro età eravamo davvero così bravi in tutte
le materie? Avevamo tanta voglia di studiare? Eravamo sempre puntuali con i
compiti? Ci piaceva alzarci presto e andare a lezione tutte le mattine?
Supportare i figli
nell’affrontare al meglio la scuola non significa comprare zaino e astuccio
all’ultima moda, o far pesare loro l’importanza dello studio che è solo dovere
e niente piacere; non significa nemmeno addolcire la pillola e convincerli che
le cose andranno sempre bene, che non vivranno frustrazioni e che studieranno
per sempre felici e contenti.
Significa ascoltarli, rispettare
i loro timori, capire le cause del loro rifiuto, accompagnarli in un processo
di crescita che può essere avvincente ma che presenterà, inevitabilmente, delle
difficoltà; significa sostenerli nei loro gusti, valorizzarli nei loro talenti
e stimolarli nell’apprezzare l’importanza anche di ciò che non piace o che
risulta difficile; significa accettare che a volte non siano entusiasti, magari
coinvolgendoli maggiormente o permettendo loro di trovare un proprio approccio allo
studio; significa capire che un brutto voto non è un giudizio sul bambino (e
nemmeno sul genitore) e che può essere vissuto come suggerimento per capire
cosa non è stato compreso e lavorarci sopra; significa apprezzare i piccoli
traguardi e incoraggiare a proseguire, passo dopo passo.
La scuola, certo, è fatta di
compiti, interrogazioni e risultati. Ma è fatta anche di scoperta, di passione,
di capacità di impegnarsi e di motivazione nel farlo. Tenere viva questa
curiosità e questa voglia di imparare è prerogativa di qualsiasi studente,
possibilmente coadiuvato dal metodo scolastico e con il supporto, la dedizione
e l’amore di insegnanti che credano nel proprio lavoro e siano consapevoli
della responsabilità del proprio ruolo, in un percorso di crescita e di
apprendimento dove tutti, anche i genitori, giocano un ruolo importante.
L’interesse e l’amore per lo
studio nascono in famiglia e proseguono con la scuola. La casa e la scuola non
sono due mondi isolati e distinti; al contrario, si influenzano a vicenda e
possono entrambi trarre grandi vantaggi dal rispetto reciproco e dalla
collaborazione.
Sarebbe fuorviante e riduttivo
addossare l’intera responsabilità ai genitori (o agli insegnanti), ma è certo
che essi possano fare molto per dare un contributo fondamentale nella giusta
direzione.
Buona scuola a tutti!